“Amore mio, non ti fanno entrare, ma io sono tranquilla. Guarda Whatsapp che dopo ti mando la foto dell’amore nostro” è l’ennesima bugia dietro una storia incredibile di una famiglia che stava per “finire in mille pezzi”, e ora si è ritrovata, e di un’altra che avrebbe vissuto, nell’inganno, un momento unico. “Mi ha rovinato la vita” era stato il commento a caldo del 43enne senegalese Acqua Moses arrestato, e ora scarcerato, insieme alla moglie Rosa Vespa per il rapimento, dalla clinica ‘Sacro Cuore’ di Cosenza, della piccola Sofia. Tre ore di buio per Valeria e Federico, i genitori della neonata venuta al mondo 24 ore prima, “morti e risorti” solo dopo il ritrovamento. La coppia è tornata a casa con la bimba e sono di nuovi felici nonostante la paura. Ci vorrà tempo per poter raccontare questa vicenda con serenità.
Intanto retroscena svelano i castelli di carta che alimentavano il rapporto dell’altra coppia, erroneamente additati complici ma che complici non sembrano essere. Lo rivelano le chat che hanno portato alla scarcerazione di Moses. È stato il gip del Tribunale di Cosenza a credere all’estraneità dell’uomo, al suo non coinvolgimento nel rapimento e di come fosse all’oscuro della finta gravidanza orchestrata dalla moglie. Vespa si è presa tutta la colpa, confessando di aver agito da sola. “È davvero provato da tutta la vicenda ma ha confermato che non si era mai accorto di nulla: la moglie gli mostrava il pancione” ha spiegato il difensore di Moses, Gianluca Garritano. “Il racconto del mio assistito è stato ritenuto credibile anche dagli stessi inquirenti”. Stralci delle chat, mostrate in esclusiva dal programma Quarto Grado, raccontano gli scambi tra Rosa e il marito. “Aspettiamo qua” aveva scritto Moses prima di ricevere un sms da una presunta infermiera. “Sua moglie ha partorito, un bimbo di circa 3 kg. Tra poco la faccio chiamare”. All’uomo, la donna avrebbe inviato anche la fotografia di un bambino probabilmente presa da internet. “Amore, Ansel dorme”. Il resto è un contorno di inganni continui a cominciare dalla finta gravidanza per finire con la festa organizzata per accogliere il nuovo arrivato “un figlio maschio” nel mentre i casi Covid diagnosticati nella struttura che ne impedivano l’accesso dall’esterno all’uomo.
Responsabilità da chiarire sono anche altre e riguardano le varie fasi in cui si è concretizzato il sequestro di Sofia. Rosa Vespa è riuscita a entrare indisturbata nella clinica, a fingersi puericultrice, fino a entrare e uscire munita di ovetto con Sofia. È uscita dalla struttura insieme al marito senza che nessuno del personale della clinica le abbia chiesto nulla. Fortunatamente le telecamere hanno immortalato il rapimento e la fuga. E altre telecamere esterne sono state fondamentali per ricostruire la giusta pista, che poi ha portato a un lieto fine.
Una storia che ha coinvolto in prima persona la Polizia di Stato. “Quando siamo entrati in casa abbiamo visto prima un fiocco di colore azzurro e quando abbiamo bussato abbiamo visto degli ospiti che erano lì per i festeggiamenti di una nascita” ha raccontato il commissario di Polizia Claudio Sole. “Abbiamo visto persone incredule, così come lo era il marito della donna. Poi ho chiesto a Rosa Vespa dove fosse la bambina e lei mi ha indicato una camera dove c’era una culla con la piccola che era vestita di azzurro. Era tutto addobbato per un maschietto. Da quel momento la responsabile del rapimento non ha più parlato. Quando abbiamo preso la bimba l’emozione ha preso il sopravvento e non l’ho più lasciata”. Non è finita, Rosa avrebbe già provato a prendere un altro neonato. Un tentativo che sarebbe andato a vuoto. Quel che è chiaro è che “Sofia è stata una vittima casuale”.