
Nel 2024 il Nord-ovest si conferma l’area con la ripartizione di Pil per abitante il più elevato, misurato in termini nominali, pari a 46,1mila euro (45mila euro nel 2023). Seguono il Nord-est, con 43,6mila euro (42,8mila nel 2023) e il Centro, con 40mila euro (39mila euro nel 2023). Il Mezzogiorno permane all’ultimo posto, con un Pil per abitante pari a 24,8mila euro (24mila euro nel 2023).
Le divergenze territoriali risultano sostanzialmente stabili: in termini relativi, nel 2024 il Pil per abitante nel Centro-Nord è risultato pari a 1,75 volte quello del Mezzogiorno (1,78 nel 2023), con una differenza assoluta di 18,7mila euro (18,6mila euro nel 2023).
Questi sono i dati che si leggono nel report “Conti Economici Territoriali” per gli anni 2022-2024 diffuso dall’Istat. La graduatoria regionale vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano, con un Pil per abitante di 61,6mila euro, seguita da Lombardia (50,4mila euro), Provincia autonoma di Trento (47,8mila euro) e Valle d’Aosta (47,7mila euro).
Nel Nord-ovest la crescita complessiva dell’input di lavoro è stata trainata principalmente dai settori dell’Agricoltura, silvicoltura e pesca (+2,7%) e dei Servizi (+2%).
Si è confermato sostanzialmente stabile il numero di occupati nel settore delle Costruzioni (+0,1%, a fronte di una crescita del 3,8% a livello nazionale) e si è assistito ad una modesta crescita nel settore dell’Industria (+0,7%).
L’incremento occupazionale nel Nord-est è stato sostenuto dalle dinamiche dei settori delle Costruzioni e dell’Industria, con incrementi nel numero degli occupati pari, rispettivamente, al 3,7% e all’1,1%. In Agricoltura la contrazione dell’occupazione è stata contenuta (-0,5%, a fronte di un incremento dello 0,5% a livello nazionale), mentre gli occupati dei Servizi sono cresciuti dello 0,6%. Nel Centro, l’aumento dell’occupazione nel 2024 si è concentrato prevalentemente nel settore delle Costruzioni (+4,3%). I settori dei Servizi e dell’Industria hanno segnato un aumento, rispettivamente, dell’1,9% e dell’0,8%, mentre il settore dell’Agricoltura ha mostrato una diminuzione (-1,5%).
L’economia non osservata pesa di più
L’Istat rileva anche che nel Mezzogiorno l’economia non osservata pesa di più. Nel 2023, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni – si legge – l’economia non osservata (definita dalla somma della componente sommersa e di quella illegale) ha rappresentato in Italia l’11,3% del valore aggiunto complessivo. Si sono confermate come componenti più rilevanti il valore aggiunto occultato attraverso la sotto-dichiarazione dei risultati economici delle imprese (6%) e l’impiego di lavoro irregolare (4%), mentre l’economia illegale, le mance e il valore dei fitti in nero hanno inciso nel complesso per l’1,7%. L’incidenza sul Pil, in lieve aumento rispetto al 2022, è stata pari al 10,2%.
Il peso dell’economia non osservata nel Mezzogiorno rappresenta il 16,5% del valore aggiunto, e a seguire nel Centro (11,8%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-est (9,3%) e nel Nord-ovest (8,9%).
Nelle ripartizioni territoriali si conferma una diversa rilevanza delle tre componenti dell’economia non osservata, già rilevata a livello nazionale. Prevale ovunque l’incidenza della rivalutazione da sotto-dichiarazione; anche la quota di valore aggiunto generato da impiego di lavoro irregolare è particolarmente elevata nel Mezzogiorno (6,5%): la sua incidenza è in linea con la media nazionale nel Centro (4%), mentre è inferiore di circa 1 punto percentuale nelle altre due ripartizioni (3,1% e 3%, rispettivamente nel Nord-est e nel Nord-ovest).