Casi di violenza sessuale tra detenuti nel carcere La Dogaia di Prato. Episodi “agghiaccianti”, riferisce la Procura.
In un caso un detenuto avrebbe violentato ripetutamente il compagno di cella minacciandolo con un rasoio, mentre in un secondo caso due detenuti avrebbero torturato e stuprato per giorni un compagno tossicodipendente e omosessuale alla sua prima esperienza carceraria. Secondo le indagini, la vittima è stata brutalizzata con mazze, pentole bollenti, pugni e colpi alla testa, costretta a subire rapporti sessuali ripetuti e a vivere in un regime di terrore continuo.
Il carcere di Prato è stato al centro in queste ore di un’operazione di ispezione, durata 7 ore, diretta prosecuzione delle indagini che da tempo interessano la struttura, di cui dà notizia il procuratore Luca Tescaroli. A La Dogaia c’è “una realtà criminale pervasiva”, degrado, violenza e connivenze che coinvolgono non solo i detenuti, ma anche alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria, spiega.
Per questo agenti della Squadra mobile della questura di Prato, del nucleo investigativo della polizia penitenziaria, carabinieri e militari della guardia di finanza hanno eseguito una serie di nuovi decreti di perquisizione, ispezione e sequestro alla ricerca di ulteriori telefoni cellulari che potrebbero essere rimasti nella disponibilità dei detenuti del penitenziario.
Tescaroli evidenzia che “i detenuti hanno dimostrato la capacità di gestire l’afflusso e l’occultamento di strumenti di comunicazione in maniera sistematica, spesso con la complicità o l’omissione di chi dovrebbe vigilare”.
Dal luglio 2024 al giugno 2025 sono stati sequestrati 41 telefoni cellulari, tre sim card e un router. Solo il 5 luglio scorso è stato rinvenuto un altro telefono nella cella 187 della sezione di media sicurezza. Ma dalle indagini, spiega ancora il procuratore, “emerge che altri apparecchi, non ancora sequestrati, sono stati attivati e utilizzati nei giorni 27, 28, 29 giugno e 1-2 luglio, segno di un controllo sofisticato degli spazi da parte di gruppi organizzati, che approfittano della libertà di movimento concessa ad alcuni detenuti e della compiacenza di agenti.
In un episodio emblematico, “un detenuto in regime di alta sicurezza è persino riuscito a pubblicare immagini della propria cella su TikTok”.
La rivolta dei detenuti
La tensione nel carcere, ricorda la procura, è esplosa in maniera evidente in due gravi episodi di rivolta, avvenuti il 4 giugno e il 5 luglio scorsi.
Nel primo caso, la sommossa è stata promossa da cinque detenuti di nazionalità italiana, marocchina e libica, ristretti nella quinta sezione del reparto di media sicurezza. L’azione si è concretizzata in una serie di atti di violenza, minaccia e lesioni nei confronti di sei agenti della polizia penitenziaria. I detenuti hanno minacciato di morte il personale intervenuto, brandendo oggetti pericolosi e dichiarando apertamente l’intenzione di non voler rientrare nelle rispettive camere di pernottamento.
La seconda rivolta si è verificata nella giornata di sabato 5 luglio, facendo seguito a un’operazione condotta il 28 giugno all’interno della prima sezione del reparto di media sicurezza. In quell’occasione, un gruppo di almeno dieci detenuti si è barricato all’interno della sezione, rovesciando il carrello del vitto contro il cancello di sbarramento per impedire l’ingresso agli agenti di vigilanza. I detenuti hanno inoltre tentato di appiccare il fuoco a diversi materiali e hanno cercato di sfondare il cancello utilizzando una branda e una spranga ricavata dalla spalliera della stessa. Nel corso della rivolta sono stati impiegati anche altri oggetti pericolosi. La sommossa è stata infine sedata grazie all’intervento delle unità antisommossa della polizia penitenziaria.
Nell’ambito dell’inchiesta sul carcere la Dogaia di Prato è “al vaglio la condotta di alcuni appartenenti alla polizia penitenziaria. Condotte che – informa la procura – hanno indotto a sensibilizzare il prefetto e il questore di Prato al fine di valutare l’adozione delle necessarie iniziative a tutela dell’ordine pubblico esterno al carcere in occasione delle attività di ricerca della prova in corso. Il ricorso e la gestione della violenza in seno alla struttura penitenziaria da parte di detenuti in pregiudizio di altri. All’interno della struttura carceraria pratese”, si legge sempre nella nota della procura “si registrano svariate condotte a base violenta da parte di detenuti in pregiudizio di altri, che i sistemi di controllo non riescono ad arginare.
Torture ripetute e violenza sessuale
“Si sono verificati, al contempo, negli ultimi anni, gravi episodi di tortura e di violenza sessuale che rendono insicura, degradante e non dignitosa la vita da parte dei detenuti ristretti, gia’ privati del bene supremo della liberta’ in quanto ristretti in carcere per delitti commessi”, prosegue la Procura.
In proposito, vanno segnalati “la violenza sessuale posta in essere nel settembre 2023, in più riprese, da un detenuto di nazionalità brasiliana di trentadue anni, consistita nell’aver sodomizzato – con il ricorso alla grave minaccia di tagliargli la gola con un rasoio e alla violenza fisica, consistita nell’afferrarlo per il collo – il compagno di cella di trentatre’ anni di nazionalità pachistana. È in fase di notifica l’avviso di conclusione delle indagini preliminari”.
Il secondo episodio “consiste nell’aver due detenuti, rispettivamente di trentasei anni e di quarantasette anni, torturato un detenuto omossessuale, tossicodipendente alla prima esperienza carceraria, cagionandogli acute sofferenze fisiche e un trauma psichico, sottoponendolo a violenza sessuale di gruppo e cagionandogli gravi lesioni, nell’arco temporale compreso tra il 12 e il 14 gennaio 2020, all’interno della camera detentiva della quinta sezione, ove erano ristretti”.
Le violenze sono proseguite a lungo con colpi alla testa con una mensola di legno e con una pentola rovente, pugni e ginocchiate alle costole, ripetute minacce di morte. Le condotte violente hanno provocato gravi lesioni alla vittima, fra le quali, “la frattura composta della sesta costola destra, lividi ed ematomi su più parti del corpo, lacerazioni” varie e “seri problemi psicologici con sintomatologia perdurata per quattro mesi dai fatti.
Nei confronti degli indagati è stato disposto il rinvio a giudizio, dopo l’effettuazione di incidente probatorio, ed è in fase di celebrazione avanzata il dibattimento.