
Si è suicidato il detenuto 24enne rimasto ferito la scorsa settimana nelle tensioni nel carcere di Como.
Il giovane è stato trovato impiccato ieri sera nella sua cella, dove era tornato dopo essere stato dimesso dall’ospedale Sant’Anna per le conseguenze di un trauma da schiacciamento al torace.
Nella rivolta, secondo quanto ricostruito, aveva aggredito un agente della penitenziaria provocandogli con un pugno la frattura del setto nasale, salvo poi tentare di passare attraverso le sbarre di un cancello rimanendovi incastrato.
La rivolta del 13 novembre
Giovedì 13 novembre almeno 50 detenuti, molti dei quali di origine nordafricana, hanno partecipato a una sommossa violenta all’interno dell’istituto penitenziario.
La protesta ha causato danni estesi nelle sezioni coinvolte, con i detenuti che hanno preso di mira telecamere e strutture interne, sfasciando e sabotando le aree della sezione. Durante l’evento, tre agenti di polizia sono rimasti feriti, uno dei quali ha subito una frattura del naso a causa di un’aggressione diretta, quella che sarebbe stata causata dall’uomo che ieri si è tolto la vita.
Agenti sono arrivati per sedare la rivolta anche da altri istituti lombardi e da Milano, e hanno attuato operazioni di identificazione e trasferimento dei principali responsabili in altre strutture regionali o nazionali, tra cui Varese, Piemonte e Sardegna, nel tentativo di spezzare eventuali legami tra i detenuti coinvolti.
Quasi il doppio dei detenuti rispetto alla capienza prevista
L’incidente ha evidenziato l‘alto livello di sovraffollamento nelle carceri italiane, con Como che, al luglio 2025, contava più di 400 detenuti rispetto alla capienza ufficiale di 265, e ha sollevato questioni sul personale insufficiente e sulla mancanza di adeguata assistenza sanitaria e psicologica per i detenuti più problematici. La rivolta ha così sottolineato le criticità del sistema penitenziario, aggravate anche dalla presenza massiccia di individui ad alta rischiosità e con bisogni specifici non adeguatamente soddisfatti.