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Home » Tod’s e tre manager indagati per caporalato, il caso degli opifici cinesi
Cronaca

Tod’s e tre manager indagati per caporalato, il caso degli opifici cinesi

Di Sala Notizie20 Novembre 20253 min di lettura
Tod’s e tre manager indagati per caporalato, il caso degli opifici cinesi
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Tod’s e tre manager indagati per caporalato, il caso degli opifici cinesi

Tre manager di Tod’s spa sono indagati per caporalato e la stessa società è stata iscritta per la legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, in relazione allo stesso reato, in un’inchiesta della Procura di Milano che già nei mesi scorsi, come emerso ad ottobre, aveva portato a chiedere l’amministrazione giudiziaria per il colosso della moda per omessi controlli nella catena dei subappalti della produzione in opifici cinesi.

Ora il pm di Milano Paolo Storari, come risulta da una richiesta al gip Domenico Santoro di interdittiva per Tod’s dal pubblicizzare i propri prodotti per sei mesi, anticipata sulle pagine economiche del Corriere della Sera, ha individuato non più solo responsabilità omissive dei responsabili dell’azienda ma anche ipotesi dolose.

In particolare, i manager della società di Diego Della Valle, come si legge negli atti delle indagini del Nucleo ispettorato lavoro dei carabinieri, non avrebbero tenuto “minimamente conto dei risultati” di alcune “ispezioni” negli opifici cinesi – sei tra le province di Milano, Pavia, Macerata e Fermo – e di “audit” su quei fornitori che “davano atto di numerosi indici di sfruttamento” dei lavoratori, per quanto riguardava, tra l’altro, gli orari di lavoro, le paghe, le norme di sicurezza e le “condizioni alloggiative degradanti”. 

 

L’inchiesta 

Lo scorso 8 ottobre, si era saputo che a dicembre 2024 il pm Storari, che aveva già chiesto e ottenuto l’amministrazione giudiziaria per altre cinque griffe del lusso per responsabilità colpose in omissioni di controlli sul caporalato in opifici-dormitorio, aveva chiesto lo stesso provvedimento alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale per Tod’s. Si è creata, però, una questione di competenza territoriale e la Cassazione (udienza ieri) deve decidere se il procedimento di prevenzione può rimanere a Milano o deve essere trasferito ad Ancona.

Nel frattempo, però, il pm con un atto di 144 pagine ha depositato al gip una richiesta di interdittiva, con cui chiede che Tod’s per sei mesi non pubblicizzi più i suoi prodotti. Il giudice Santoro dovrà decidere dopo l’udienza di discussione fissata per il 3 dicembre. Proprio da quell’istanza emerge che ora la società è indagata, così come i suoi manager e dirigenti Simone Bernardini, Mirko Bartoloni e Vittorio Mascioni, i quali, scrive la Procura, avrebbero utilizzato “manodopera in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno di cittadini cinesi”, che lavoravano nei sei opifici per la produzione in particolare delle divise per i commessi dei negozi del brand, ma anche tomaie delle scarpe.

Nell’atto sono ripercorse tutte le presunte violazioni, dalla “normativa” sull’orario di lavoro alle “retribuzioni” sotto soglia. E ancora sulla sicurezza e l’igiene e poi quei dormitori “degradanti”. Il tutto, secondo la Procura, nella “piena consapevolezza” dell’azienda della “condizione di sfruttamento”, anche perché i responsabili del brand avrebbero ignorato gli audit di un certificatore esterno che, tra 2023 e quest’anno, davano conto delle “gravi violazioni”. 

“Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre  aziende”, aveva detto Diego Della Valle in una conferenza stampa il 10 ottobre.

 

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