Il Tribunale fallimentare di Milano ha aperto la procedura di liquidazione giudiziale, quella che ricalca il vecchio fallimento, per un’altra delle società del gruppo del bio-food un tempo guidato dalla ministra Daniela Santanchè e dall’ex compagno Giovanni Canio Mazzaro. Si trattadi Ki Group Holding spa, di cui avevano chiesto il fallimento ipm Marina Gravina e Luigi Luzi, gli stessi titolari dei procedimenti sulle ex società della senatrice di FdI, come Visibilia. La ministra è già indagata per bancarotta per il fallimento di Ki Group srl e un’accusa analoga potrebbe arrivare dopo il crac di Bioera e dopo l’ultimo della holding.
L’accusa di diffamazione durante l’audizione in Senato
Intanto la ministra è stata oggi rinviata a giudizio anche per diffamazione. La decisione, all’esito dell’udienza predibattimentale, è stata del giudice monocratico del tribunale di Roma, Alfonso Sabella.
La prima udienza è stata fissata per il 16 settembre prossimo. Oggetto del procedimento è quanto riferito nell’aula del Senato dalla ministra, il 5 luglio 2023, rispetto al manager Giuseppe Zeno, azionista di minoranza della società Visibilia.
Gli esposti dell’imprenditore – si ricorda – a suo tempo fecero avviare le indagini e il processo per falso in bilancio a Milano in cui è chiamata in causa la stessa Santanchè.
Le parole che avrebbero macchiato la reputazione di Zeno
Nel capo d’imputazione viene riportato quanto affermato dalla Santanchè, secondo il pubblico ministero sarebbe stata offesa la reputazione di Giuseppe Zeno, “attribuendogli il seguente fatto determinato: ‘…è una sorta di finanziere che è partito molti anni addietro da Torre del Greco, si è trasferito prima a Londra, poi in Svizzera e successivamente a Montecarlo e ora risiede alle Bahamas… In ogni caso, fa riferimento a inverosimili e oscure mie manovre solo dopo – lo vorrei dire chiaro – aver inutilmente tentato di costringermi ad accordi per me inaccettabili‘”.
Disse ancora all’epoca la Santanchè: “questo, però, è un tema a parte su cui purtroppo non posso aggiungere altro, perché sarà oggetto di apposita inchiesta giudiziaria che chiarirà, anche grazie a registrazioni vocali, le finalità che hanno ispirato chi ha attivato tutto ciò e quando poi un socio di minoranza, residente nelle Bahamas – di cui credo di aver detto tutto prima – ha avanzato proposte per noi irricevibili, lo abbiamo contestualmente diffidato tramite uno studio legale”.
Il difensore della ministra, l’avvocato Nicola Pelanda, ha sottolineato in aula che non c’era alcun intento diffamatorio nella ricostruzione offerta all’assemblea di Palazzo Madama e che inoltre gli atti andavano trasmessi alla Procura di Milano, dove è in corso un altro procedimento che vede contrapposti sempre Santanchè e Zeno. Fuori dall’aula lo stesso Zeno ha spiegato ai cronisti: “Il tribunale ha riconosciuto che le parole espresse da Santanchè avevano contenuto lesivo nei miei confronti”