
Le parole di Donald Trump sulla questione Ucraina, gli ultimatum a Zelensky e le parole dure (sue e di Musk) sull’Europa, costringono Giorgia Meloni ad un difficile equilibrismo. Da una parte mantenere i rapporti con Washington, dall’altra l’esigenza di stare in Europa, proseguire nel progetto di difesa e di aiuto all’Ucraina ma senza perdere di vista il legame stretto tra le due sponde dell’Atlantico.
Ma è tutta la politica italiana a subire il contraccolpo dell’attacco di Trump all’Europa nel suo complesso: “Nazioni in decadenza guidate da leader deboli”, dice nella sua ultima intervista – che cade a pochi giorni dalla diffusione del Documento strategico di sicurezza di analoga durezza verso il Vecchio Continente.
Giorgia Meloni riceve Zelensky a Palazzo Chigi (ansa)
Semplificando, nella maggioranza emergono almeno tre posizioni.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani mantiene una linea di lealtà incondizionata all’asse UE-NATO: sostegno fermo all’Ucraina, incluse le forniture di armi, e visione critica del piano Trump che viene percepito come divisivo per l’Occidente.
Matteo Salvini è sul fronte opposto. “Non tolgo soldi alla sanità italiana per una guerra che è persa”, dice, “La critica di Trump è alla burocrazia che impone regole folli: da questo punto di vista è un’Europa fallimentare”. Di qui la richiesta di “non ostacolare” l’iniziativa americana sull’Ucraina e la contrarietà all’invio di armi italiane verso Kiev, che servirebbe solo a prolungare il conflitto.
Giorgia Meloni si trova nella difficile situazione di dover mediare. Insiste sulla necessità di presentare un fronte unito con Nato ed Europa per garantire che la pace rispetti l’integrità territoriale ucraina e non diventi una capitolazione.
Vertice tra Meloni, Tajani e Salvini a Bruxelles (ANSA)
Anche il campo largo è diviso
Anche il fronte delle opposizioni è frammentato sul dossier Ucraina e le posizioni di Trump aumentano le divisioni. Il Partito democratico e le forze del Terzo polo (Azione e Italia Viva) sostengono la linea atlantica e l’aiuto militare a Kiev, trovandosi in sostanza allineati alla posizione di Meloni, pur criticandone le ambiguità. Il piano Trump viene considerato il tentativo di imporre una capitolazione dell’Ucraina che comprometterebbe i principi di sovranità internazionale.
Il Movimento 5 Stelle, guidato da Giuseppe Conte, è invece promotore di una linea “pacifista” che chiede di interrompere l’invio di armi per concentrare gli sforzi sulla diplomazia. Conte ha interpretato il piano statunitense non come una soluzione, ma come un’ulteriore prova dei fallimenti della strategia occidentale e della subalternità dell’Europa alle potenze estere. Questa posizione impedisce di fatto alle forze di opposizione di trovare una base comune su temi di politica estera, con il “campo largo” che si disgrega sistematicamente su ogni voto relativo al sostegno militare all’Ucraina.
Zelensky, Starmer e Rutte a Londra (AFP)
Il ruolo dell’Europa, un test sull’autonomia strategica
La retorica di Trump, che critica la NATO e attacca l’Unione europea nel suo complesso istituzionale e politico, agisce come cartina di tornasole per l’autonomia strategica dell’Europa.
Anche qui le forze politiche italiane si dividono. Da un lato Meloni e l’ala filoatlantica chiedono un rafforzamento della difesa comune per non apparire subalterne agli umori di Washington; dall’altro lato, Salvini e l’ala più scettica vedono un’opportunità per ridimensionare l’impegno militare e concentrarsi su una pace a qualsiasi costo.
Roma. Elly Schlein e Giuseppe Conte alla manifestazione del Pd in piazza del Popolo (LaPresse)