È stato fissato davanti alla Corte d’assise d’appello di Milano il 25 marzo il nuovo processo d’appello per i fratelli Scalamandrè, accusati di aver ucciso il padre Pasquale nella loro abitazione di San Biagio, a Genova, il 20 agosto 2020.
La Corte d’appello di Milano, nel processo bis, aveva condannato Alessio e Simone Scalamandré alla pena rispettivamente di 21 e 14 anni di reclusione, ma la Cassazione a fine novembre ha annullato per la seconda volta la sentenza.
Gli Ermellini hanno infatti accolto il ricorso presentato dai legali di Alessio Scalamandré, Luca Rinaldi e Andrea Guido, sostenendo che deve essere rivalutata l’attenuante della provocazione e anche quella derivante dalla sentenza della Corte Costituzionale secondo la quale l’aggravante dell’omicidio tra parenti stretti (introdotta dal codice Rosso) non deve per forza prevalere sulle altre attenuanti. Per Simone Scalamandré, difeso da Riccardo Lamonaca e Nadia Calafato, il ricorso è stato accolto unicamente sulla quantificazione della pena che secondo la Suprema Corte dovrebbe essere ridotta dando una prevalenza alle attenuanti generiche.
Il delitto era avvenuto nell’ambito di un contesto familiare difficile: Pasquale Scalamandré era stato denunciato per maltrattamenti e minacce nei confronti della moglie, madre dei due imputati, che si era dovuta allontanare dalla città, trovando rifugio in una comunità protetta in Sardegna.
Quel giorno il padre era andato a casa dei figli per chiedere insistentemente ad Alessio di ritirare la denuncia contro di lui. Alessio si era sempre assunto in prima persona la responsabilità del delitto, avvenuto al culmine dell’ennesima lite, e da allora si trova agli arresti domiciliari.