La Procura di Milano stamane ha acquisito la documentazione medica dalla fine del 2021 dei detenuti al Beccaria, il carcere minorile al centro dell’indagine in cui si ipotizzano torture e pestaggi da parte di agenti di polizia penitenziaria.
I pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena, con l’aggiunto Letizia Mannella, hanno delegato gli investigatori a raccogliere le cartelle cliniche negli archivi dell’istituto per accertare se ci siano ulteriori vittime e se ci siano stati referti medici con prognosi ammorbidite o addirittura a “zero giorni”. Da lunedì inizieranno le audizioni dei ragazzi che sarebbero vittime di nuovi casi.
Interrogati gli agenti coinvolti nell’inchiesta: “Solo interventi contenitivi”
Si sono difesi dalle accuse anche gli ultimi agenti della Polizia penitenziaria interrogati oggi dal gip di Milano Stefania Donadeo nell’inchiesta della Procura con al centro presunti maltrattamenti e torture nel carcere minorile Beccaria ai danni di detenuti di 15, 16 e 17 anni. Oggi, in particolare, sono stati ascoltati altri quattro poliziotti, sospesi con misura cautelare così come altri quattro colleghi sentiti ieri. La linea di difesa (tre stamani hanno risposto alle domande, mentre uno si è avvalso della facoltà di non rispondere) ricalca, in sostanza, quella degli agenti interrogati la scorsa settimana che sono finiti in carcere, 13in totale, otto giorni fa. Si sarebbe trattato, secondo le versioni difensive, di “interventi contenitivi” nei confronti di detenuti “problematici”, ossia di reazioni a comportamenti dei minori. Gli agenti sentiti oggi, in particolare, per i quali è stata disposta la sospensione “dall’esercizio del pubblico ufficio ricoperto”, come ricostruito dal giudice nell’ordinanza, non hanno messo in atto materialmente le violenze, ma “con la loro presenza hanno rafforzato il proposito criminoso” o comunque “non hanno impedito l’evento”, ossia i pestaggi. Intanto, gli inquirenti devono sentire ancora una decina di ragazzi, tra i quali diverse altre presunte vittime delle botte e delle torture ipotizzate, e poi ancora il personale sanitario e gli educatori. Si indaga, infatti, oltre che su presunte coperture ed omissioni, anche su altri casi di violenze, almeno quattro o cinque e c’è da tenere conto poi che, dopo gli arresti e che il caso Beccaria è esploso, altri detenuti coi loro legali si sono fatti avanti per raccontare dettagli a verbale.
Dei 21 agenti arrestati o sospesi, interrogati in questi giorni, solo pochi hanno scelto di non rispondere al giudice e tanti, invece, hanno raccontato di essersi sentiti abbandonati nel dover gestire una situazione e un luogo in cui nessuno voleva stare, coi loro metodi e in autonomia, tra tensioni, turni massacranti e mancanza di personale. Molti di loro, poi, attraverso i legali, hanno presentato istanze di revoca o di sostituzione della misura cautelare (ad esempio, dal carcere ai domiciliari) e su queste richieste dovrà decidere il giudice, a partire, pare, dalla prossima settimana, dopo aver studiato tutti gli atti e i verbali per verificare e valutare le singole posizioni. Intanto, alcuni di loro, almeno tre, hanno fatto anche ricorso al Riesame.
L’ex comandante Francesco Ferone, sospeso e interrogato ieri, ha cercato di difendersi dall’accusa di aver falsificato le relazioni di servizio per coprire i colleghi. E ha anche dato spiegazioni sulle intercettazioni, tra cui una in cui due degli indagati dicevano che da quando era arrivato il nuovo direttore al Beccaria (poi è arrivata anche una nuova comandante della penitenziaria) non c’era più “la protezione”, perché quello “sta facendo sul serio” e “dice che vuol prendere provvedimenti”. Vennero, infatti, acquisiti i filmati delle telecamere interne che in parte hanno ripreso le presunte torture e quelle immagini choc sono finite agli atti dell’inchiesta condotta dalla stessa Polizia penitenziaria e dalla Squadra mobile e coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Cecilia Vassena.