Mercoledì 20 marzo tante associazioni di apicoltori italiani tra cui Miele in cooperativa e Arnia Onlus sono scese in piazza a Roma per chiedere maggiori tutele per il miele prodotto in Italia e per sensibilizzare le istituzioni e l’opinione pubblica sul tema della concorrenza sleale nella vendita del miele extra UE. I produttori nazionali devono fronteggiare arrivi di prodotto straniero di bassa qualità a prezzi stracciati, mentre aumentano i costi di produzione necessari per fronteggiare maltempo e siccità.
“Non siamo solo di fronte ad una concorrenza sleale, ma anche ad un prodotto non salubre e non conforme alle normative europee” affermano gli apicoltori. “Infatti” si legge sul comunicato unitario, “una recente indagine della Commissione Ue ha fatto analizzare una quota di campioni di miele importato, riscontrando che nel 46% dei casi, quest’ultimo non è conforme alle regole comunitarie a causa dell’impiego di sciroppi zuccherini che alterano il prodotto, aumentandone le quantità per abbassarne il prezzo e dell’uso di additivi e coloranti per falsificare l’origine botanica”.
Dal comunicato stampa che accompagna l’evento si apprende anche che il numero maggiore in valore assoluto di partite sospette proveniva dalla Cina (66 su 89, pari al 74%), mentre il Paese con la percentuale più elevata di campioni di miele sospetti è risultata la Turchia (14 su 15, pari al 93%). Negli ultimi due anni l’importazione di miele si è stabilizzata sui 25/26 milioni di chili a fronte di una produzione interna stimata in circa 22 milioni di chili, secondo i dati di Miele in Cooperativa. Il prezzo medio del prodotto importato dai Paesi extra Ue – segnala Miele in Cooperativa – è in forte calo e viaggia a valori inferiori circa 1,70 euro/chilo. Diversamente, secondo un’indagine del Crea, per produrre un chilo di miele in Italia ci vogliono almeno 4,1 euro.
Un dumping difficile da sostenere per i 75mila apicoltori nazionali, con 1,6 milioni di alveari già alle prese con l’aumento dei costi di produzione in un’annata resa difficile dai cambiamenti climatici. Ai danni causati dal maltempo si sono aggiunti quelli della siccità, che ha penalizzato le fioriture, e del caldo anomalo di questo inverno, con le api ingannate e spinte ad uscire dagli alveari senza però trovare i fiori.