Il Viminale invierà degli ispettori alla prefettura di Bari in seguito al caso – emerso dagli atti della Dda sul gruppo mafioso Parisi -della funzionaria che si rivolse nel 2018 a un indagato ritenuto vicino al clan, Gaetano Scolletta, per riavere l’auto che le era stata rubata. La vettura alla fine fu recuperata e la donna versò 700 euro per ottenerla.
Gli atti della Dda di Bari
Negli atti si legge: Scolletta – ritenuto il ‘contabile’ di Tommy Parisi, figlio del boss Savinuccio- chiede alla funzionaria di inviargli il numero di targa del veicolo. Verso la fine della conversazione la donna “domanda, perfino, a Scolletta se deve recarsi o meno dai Carabinieri a denunciare il furto della sua Lancia Musa”, ed è lui stesso a dirle di fare la denuncia. “Ci troviamo di fronte -annota la Dda – a un funzionario” della prefettura, “collaboratrice del prefetto, che chiede un intervento e consigli ad un appartenente del clan Parisi”. Alla fine, il clan farà ritrovare l’auto per strada in un luogo concordato. Il pomeriggio del 9 febbraio 2018 Scolletta accompagna con la sua auto la funzionaria in un parcheggio “dove ad attenderli c’è il ladro che indica il luogo in cui si trova la Lancia Musa”. La donna, quindi, “simula – è detto negli atti -di aver rinvenuto l’auto rubata e chiede e ottiene l’intervento di una pattuglia che verrà distolta dal suo regolare servizio di pattugliamento”.
La decisione del Viminale arriva nel pieno della polemica scoppiata ieri, dopo che il sindaco del capoluogo pugliese, Antonio Decaro, ha reso noto, con un post su Facebook, la telefonata con la quale il ministro Piantedosi gli ha comunicato la nomina di una commissione “finalizzata a verificare una ipotesi di scioglimento del Comune di Bari” per infiltrazioni mafiose. “Oggi è stato firmato un atto di guerra nei confronti della città di Bari” ha tuonato Decaro.
La commissione ministeriale è stata nominata per accertare le presunte infiltrazioni mafiose nel Consiglio comunale di Bari e in altre aziende municipalizzate dopo l’arresto di 130 persone in una inchiesta della Dda barese che ha svelato un presunto intreccio mafia-politica con scambio di voto alle Comunali del 2019.
Il sindaco Decaro ha spiegato che “l’atto, come un meccanismo a orologeria, segue la richiesta di un gruppo di parlamentari di centrodestra pugliese, tra i quali due viceministri del governo e si riferisce all’indagine per voto di scambio in cui sono stati arrestati tra gli altri l’avvocato Giacomo Olivieri e la moglie, consigliera comunale eletta proprio nelle file di centrodestra”.
In una nota, il Ministero dell’Interno ha spiegato in sostanza che l’ispezione è un atto dovuto e lo scioglimento del comune di Bari non è ancora deciso.
“L’accesso ispettivo – recita il comunicato – si è reso necessario in esito ad un primo monitoraggio disposto dal Viminale circa i fatti emersi a seguito dell’indagine giudiziaria che ha portato a più di 100 arresti nel capoluogo pugliese e alla nomina, da parte del Tribunale, ai sensi dell’art. 34 del codice antimafia, di un amministratore giudiziario per l’azienda Mobilità e Trasporti, interamente partecipata dallo stesso Comune”.
Il Viminale precisa inoltre che “l’accesso ispettivo, disposto ai sensi di specifiche previsioni di legge, a Bari come in altri diversi enti locali per analoghe circostanze, non è pregiudizialmente finalizzato allo scioglimento del Comune bensì ad un’approfondita verifica dell’attività amministrativa, anche a tutela degli stessi amministratori locali che potranno offrire, in quella sede, ogni utile elemento di valutazione”.
Giacomo Olivieri e Carmen Lorusso
L’indagine giudiziaria e gli oltre 100 arresti a Bari
Il coinvolgimento più forte, all’interno del consiglio comunale barese, è quello che fa riferimento all’arresto della consigliera Maria Carmen Lorusso che era pronta a ricandidarsi alle prossime Amministrative. La consigliera comunale uscente, finita ai domiciliari proprio nella maxi inchiesta sul voto di scambio e sulla mafia relativa alle amministrative del 2019, aveva già annunciato le sue intenzioni ed era presente all’evento che si è tenuto il 25 febbraio, alla presenza anche di Decaro e di Emiliano, per la candidatura di Vito Leccese, uomo scelto dal Pd, alle Primarie del centrosinistra.
Lorusso, 37 anni, si era candidata nel 2019 nella lista Di Rella sindaco, nel centrodestra, e fu eletta con oltre 900 voti, prima di passare nel 2021 nel centrosinistra e in maggioranza, diventando anche leader del gruppo consigliare di Sud al Centro. Il che significa che se scambio di voti c’è stato, poiché l’inchiesta si riferisce alle elezioni del 2019, si tratta di voti che si indirizzavano verso la coalizione in cui la stessa è stata eletta.
Il cambio di casacca, in famiglia, è cosa ricorrente. Anche il marito, l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, arrestato per la stessa inchiesta, è stato eletto prima in Forza Italia, nel 2005 e poi in Idv nel 2010. Interrogato “ha iniziato, con dichiarazioni spontanee, a chiarire fatti e circostanze certamente utili per il prosieguo delle indagini preliminari”.
Olivieri, detenuto nel carcere di Brindisi, secondo l’accusa avrebbe raccolto i voti della criminalità (nello specifico dei clan Parisi-Palermiti, Montani e Strisciuglio di Bari) per permettere l’elezione della moglie Maria Carmen Lorusso al consiglio comunale nel 2019. Una coppia affiatata che balzò agli onori della cronaca anche durante la pandemia. Allora Giacomo Olivieri e sua moglie, già consigliere comunale di Bari (Sud al Centro), si sarebbero spacciati rispettivamente per malato diabetico e per insegnante, con l’obiettivo di ricevere prima di tanti altri il vaccino anti Covid. Emerse il fatto, che non costituiva comunque reato, dall’inchiesta sui furbetti e sui furti di farmaci all’Oncologico di Bari e nell’elenco degli indagati comparve anche il nome di Vito Lorusso, ex primario con le accuse di concussione e peculato dopo essere stato arrestato in flagranza dalla polizia per avere intascato 200 euro da una paziente. Maria Carmen Lorusso è sua figlia e il tutto venne fuori grazie ad alcune intercettazioni telefoniche.